Di Gianmaria Tesei Si è conclusa la terza edizione di “Spumanti dell’Etna”, evento in cui l’effervescenza di un prodotto unico comunica anche la cultura, la passione ed il lavoro di un territorio dalle grandi possibilità produttive di qualità. L’evento si è svolto il 12 dicembre a Catania in due incantevoli e storiche location, ovverosia Palazzo Biscari e Palazzo Scammacca, con quest’ultima che ospitato una masterclass di grande interesse intitolata “Finalmente Carricante!”, con al centro un vitigno, ossia proprio il carricante. che sta progressivamente conquistando un importante ruolo anche nell’ambito degli sparkling wines, A principiare l’incontro è stato l’intervento di Claudio Di Maria head sommelier delle Aziende Agricole Emanuele del Murgo, conosciute semplicemente come Murgo, cantina cui si deve una prima ripresa dell’attività spumantistica siciliana sul finire degli anni ’80 del secolo scorso, dopo che il Barone Felice Spitaleri di Muglia nel 1870 otteneva con lo Champagne dell’Etna importanti affermazioni in Francia e non solo. Di Maria ha sottolineato l’importanza di mettere assieme tutti gli attori del settore enoico per realizzare una rete in cui tutti gli elementi siano indispensabili in egual maniera, non parlando solo di spumanti ma fortemente dell’Etna. Ad introdurre il sommelier è stato Francesco Chittari che ha dato vita alla manifestazione ( in collaborazione con FIS e Bibenda)assieme all’associazione di cui fa parte, ossia Scirocco, e che ha costituito anche la neonata associazione “Spumanti dell’Etna” con il fine di esaltare la realtà del vin mousseux etneo e dei territori che lo generano, nonché delle interazioni collaborative con altri comparti del mondo economico. Lo stesso Chittari ha ricordato una celebre frase, ossia “imbottigliare il vino è un’illusione di eternità “, solo che a volte rimangono le illusioni, mentre in altri casi si prolungano nel tempo divenendo solide realtà come nel caso del carricante. Chittari ha proseguito asserendo come Scirocco abbia voluto portare l’Etna in città, con quel suo territorio costituito da altitudini alpine e clima mediterraneo, ponendo al centro il concetto per cui, aprendo una bottiglia, si schiuda non solo il suo prezioso contenuto materiale ma anche il mondo dell’Etna, con le sue peculiarità e con il rispetto delle condizioni di lavoro e di produzione che impongono un prezzo adeguato del prodotto finale, anche nel caso specifico di un vitigno che sta progressivamente aumentando la sua importanza nella classifica dei terreni vitati , con un’uva che è tra le più care della Sicilia e non solo ( il prezzo si attesta anche sui 2,50 euro). La masterclass è stata animata dalla presentazione e degustazione tecnica di quattro pregevoli esponenti dell’attività spumantistica etnea che adoperano il carricante, che nel suo essere vinificato come sparkling gode della Doc Sicilia, ma non ancora della DOC Etna (ma si ventila che accadrà in tempi brevi) riservata agli spumanti realizzati con nerello mascalese almeno al 60%, come previsto dal disciplinare del 2011. I quattro vini proposti sono stati nell’ordine due blendati e due in purezza, ognuno con caratteristiche sue proprie. Laura La Mantia, winemaker ed agronomist, ha mostrato le qualità del Gaudensius del 2017 (anche se non è un millesimato, per scelta della cantina) targato Firriato, azienda (la cui linea di spumanti si compone di un pas dosé, un rosato, un blanc de noire ed un blanc de blanc che è quello presente alla masterclass) che ha originato le sue attività enologiche nel trapanese. In seguito la Firriato ha investito con grande convinzione sull’Etna (lato nord) creando, nella fattispecie, un blend che incrocia le peculiarità dei territori del vulcano (60% del suddetto spumante è carricante) e quelle proprie dell’agro della città che i greci chiamarono Drepanon, ossia Trapani, con i suoi terreni argillosi e calcarei adatti ad un vitigno internazionale qual è lo Chardonnay (il restante 40%). Il carricante, come da etimologia del nome, è un vitigno “carico” di uva che, grazie al suo essere una varietà aromatica, come il nerello mascalese, si presta bene ad essere spumantizzato. Ed in particolare esistono due biotipi di questo vitigno: quello denominato A con un grappolo compatto e di non grande dimensione (maggiormente tipico del marsalese) ed il B con un grappolo spargolo e più grande, che è ancora più adatto a determinare gli sparkling wines. Quest’ultimo è tipico dell’Etna e rappresenta il cuore degli spumanti di cui si è parlato nel seminario. Dal punto di vista organolettico in questo spumante si avvertono note di scorza d’arancia, mentre in bocca emerge il tostato e la mandorla con identità sensoriali dritte e verticali proprie del carricante e più ampie dello chardonnay. Il contributo successivo è stato di Francesco Russo, enologo di Cantine Russo, azienda produttrice che ha realizzato le prime bottiglie tra il 1955 ed il 1958, avviando un’attività maggiormente sostenuta a partire dal 1990. Russo ha asserito come proprio tra il 1990 ed il 2000 l’azienda abbia avviato delle sperimentazioni di spumantizzazione del carricante, per creare poi le basi per lo spumante nel 2010, dopo essersi spostati dal territorio di Giarre. A questa masterclass lo spumante mostrato da Russo è stato il Mon Pit del 2017, il cui nome trae origine da quanto scaturito da una serie di parossismi sull’Etna nel 2010- 2011, con il formarsi di un nuovo cratere che in realtà era una depressione di sprofondamento, ossia un “pit” crater, nei pressi del cratere di Sud- Est. Il mon pit è un blend, millesimato, proveniente da vitigni del versante nord-est, con un 20% di catarratto, che conferisce una maggiore struttura e longevità al prodotto enologico, e l’80% di carricante, con dei sentori persistenti ed estremamente gradevoli di sambuco, e poi ancora note agrumate, buccia di cedro e marzapane e crosta di pane sul finale. A proseguire la presentazione di questi splendidi prodotti dei vigneti del vulcano è stata Maria Carella, enologa palermitana di Cantine Nicosia,che da una decina d’anni lavora sull’Etna, cosa che le ha permesso di scoprire prima il nerello mascalese, intenso nel colore e dalle grandi potenzialità e poi il carricante, entrambi presenti anche nella linea dedicata agli spumanti della cantina, ossia Sosta Tre Santi, di cui ha presentato il Sosta tre Santi (millesimato)2018 carricante, spumante che sta sui lieviti per 20 mesi. Questo prodotto avrebbe addirittura potuto fregiarsi della menzione di spumante del territorio, poiché tutto l’uvaggio proviene da Monte Gorna, la zona situata su un conetto vulcanìco (versante sud-est, 650 metri circa sul livello del mare) risalente al 400 a.c., ma l’aumento di produzione ha imposto l’utilizzo di uve provenienti da terreni limitrofi per cui non può appellarsi nel suddetto modo. La posizione fronte mare, a detta dell’enologa, protegge, proprio grazie allo Ionio, dalle escursioni termiche abbastanza notevoli tra giorno e notte riuscendo a donare esiti gustativi notevoli, che effettivamente si riscontrano all’assaggio con note di mele, frutta e spezie ed un colore maggiormente intenso rispetto ai prodotti precedentemente esaminati. A chiudere la masterclass è stata Sonia Cassariti, resident sommelier di Benanti che ha portato un carricante in purezza, il Noblesse millesimato 2016, che sosta sui lieviti per 24 mesi. La tradizione del Noblesse risale al 2002 ed è frutto della visione di Benanti nel comprendere le potenzialità del carricante spumantizzato, tanto da avere pronto un prodotto con 48 mesi sui lieviti in esclusive ed attese 700 bottiglie. Questo carricante origina da vigneti a sud ed est dell’Etna, esattamente da Milo e contrada Cavaliere tra i 700 e gli 850 metri circa, e riporta tutti i pregi dell’ottima e storica annata per gli spumanti ( per molti considerata la migliore degli ultimi anni) qual è stata quella del 2016, con una gradevolezza che poggia su un perlage fine su cui si installano corrispondenze naso-bocca consonanti dovute a sentori di scorza di pane, limone candito, frutta a polpa bianca e pera matura, ginestra, erba aromatica( timo, e salvia), pesca dell’Etna ed un accenno di zolfo. Quattro produzioni enoiche, quindi, che lanciano ulteriormente il carricante nel mondo degli spumanti confermando le importanti prospettive di un vitigno unico ed inimitabile che rappresenta appieno il mondo Etna ed il presente e futuro del vino del vulcano.
0 Comments
Leave a Reply. |
AutoreCarlotta Bonadonna Archivi
Dicembre 2023
Categorie:
|