Di Gianmaria Tesei Catania ha accolto, nell’Istituto Ardizzone Gioeni, venerdì 31 maggio e sabato 1 giugno “ETNA MADE, vini del centro città”, manifestazione che ha saputo esaltare la bellezza delle tradizioni e delle innovazioni etnee che si coniugano, trasfondendo la loro essenza, in splendidi prodotti enoici ed interessanti proposte gastronomiche che hanno allietato i partecipanti all’evento. L’Istituto Ardizzone Gioeni, sorto nel 1911 e creato in virtù della prodigale generosità del filantropo Tommaso Ardizzone Gioeni che fece dono, mediante testamento segreto del 1884, del suo opimo patrimonio ad un Ospizio-Spedale per il sostegno dei cechi indigenti (attivo dagli anni ‘90), ha quindi fatto da splendida cornice all’evento ideato, organizzato e fortemente voluto dalla Scirocco Mediterranean Creative Lab ( Francesco Chittari e Danilo Catania) e dalla Fondazione Italiana Sommelier con il supporto collaborativo di Bibenda ed il patrocino del Consorzio di tutela dei vini dell'Etna DOC, Strade dei vini dell'Etna, nonché dalla città metropolitana di Catania e dal comune di Catania. Il sindaco dell’antica Katane, Salvo Pogliese ha sottolineato come sia giusto riportare il vino al centro della città, attraverso lo sforzo sinergico tra pubblico e privato, in un periodo storico dal forte trend positivo in ambito turistico per la città che ha dato i natali a Vincenzo Bellini. Francesco Chittari, di “Scirocco”, ha evidenziato come spesso molte attività di ristorazione siano mancanti di vini dell’Etna e come invece occorra mostrare fierezza ed amore per i prodotti locali, per le tradizioni e le spinte innovative che li contraddistinguono, e per il lavoro di celebrazione del territorio fatto con grande impegno ed orgoglio dai produttori enoici dell’area etnea. A segnare la due giorni catanese un programma che ha veduto i momenti serali scanditi dall’evento” QUATTROMANI Ristorante etneo”, con due succulentissime ed esclusive cene per raffinati gourmet frutto dell’operato degli chef Marco Cannizzaro (Ristorante Km.0) e Giuseppe Raciti (Zash) giorno 31 e dallo stesso Cannizzaro e Bianca Celano (QQucina Qui) il giorno seguente. Al centro del chiostro è stata strutturata ”La Piazza del vino” con protagoniste le cantine presenti e le attivtà di Local food , mentre giorno 31, quando un incipiente splendido tramonto coccolava l’Istituto Gioeni, principiava un ‘interessantissima masterclass intitolata: DALLA CONTRADA ALLA VIGNA L’Etna e l’evoluzione dal “CRU” al “CLOS”, fra sperimentazione e tradizione, diretta dal Presidente Fondazione Italiana Sommelier Paolo Di Caro. Lo stesso Di Caro ( he ha dato luogo alle disanime delle caratteristiche organolettiche dei prodotti enologici della masterclass) si è cimentato in una prolusione in cui ha enfatizzato l’importanza del valore che l’Etna (“che è storia passata, presente e futura d’eccellenze in evoluzione”) esprime e che spesso però non viene “condotto” ed apprezzato a dovere nel capoluogo etneo. Ed anche una masterclass con etichette prestigiose può rappresentare una modalità per esporre il portato significativo di quelle che sono le importanti concezioni del vino che si produce sui terreni del vulcano attivo più alto d’Europa. L’Etna è un continente a sé, come ha posto in evidenza Il presidente FIS, ed è importante far risaltare come “dal Cru al Glos” voglia dire passare dal territorio alla vigna in una concezione di oggettivazione delle suggestioni che nelle vigne monumentali del vulcano esprimono tradizione ed innovazione. E così il vulcano fa emergere la sua voce vino per vino, vendemmia per vendemmia, stagione per stagione, con annate come quella del 2015 che è stata ottima, ma che ha comunicato il suo fulgore in modi e sfumature diverse a seconda della localizzazione esatta, e quindi delle caratteristiche di clima, terreni, etc. …, ognuna modulazione particolare ed espressione precipua dei vari vigneti. Il primo vino introdotto da Di Caro nel corso della Masterclass è stato l’Etna Bianco Superiore DOC “Vigna di Milo” di Vigneri, di Salvo Foti e lo stesso Di Caro ha sottolineato come il territorio che ha generato la produzione del vino in esame sia contraddistinta da un elevato livello di piovosità, segnato anche da escursioni termiche estive fino a 30° e come il carricante in oggetto sia “naturale” o “biodinamico” ed anzi , come sostiene generalmente Salvo Foti, “umano” e con un’elevato rispetto del contesto territoriale , con l’uso di lieviti indigeni e percentuali di solfiti basse, unicamente legate alla volontà d’ammorbidire i possibili tratti d’asperità del prodotto della vite. L’analisi olfattiva del primo vino mette in risalto un’intrigante nota vegetale, con una buona mineralità con sentori di pietra focaia e frutta secca( nello specifico mandorle), con ‘un’acidità che spunta pulita e precorre la parte nobile che si presenta in seconda battuta in questo prodotto enoico che è come un bambino in crescita , ammorbidito dal riposo in bottiglia, e che al gusto, con il suo carico di gioventù, rivela un fruttato meno spinto rispetto a quanto colto “ al naso”, regalando però un’ interessante punta di zafferano. Il secondo vino disaminato è stato l’Etna DOC 2016 Il Tascante Vigna Sciaranuova di Tasca D’Almerita, presentato da Paolo Dimitri, il quale ha discettato su come Tasca D’Almerita abbia deciso di scommettere, con grande voglia d’imparare dalla realtà locale, sul vulcano, sul suo essere tra le parti della Sicilia ( la maggior parte risale ad 1,8 milioni d’anni fa) di più giovane generazione essendo datata la sua nascita a 600.000 anni fa. In un contesto come quello di questa “giovane” creatura vulcanica vi sono degli areali particolari chiamate contrade che registrano alcune peculiarità che diventano ancora più apprezzabili nelle singole sotto aree dei vari vigneti. Nel caso di Tasca D’Almerita la contrada di riferimento del vino in esame è Sciaranuova con due vigne caratterizzate da terreni lavici rispettivamente di 15.000 e 40.000 anni fa. La prima annata prodotta di Tascante Vigna Sciaranuova è stata quella del 2016 con un nerello mascalese al 100% all’insegna della finezza e di un colore granato che accompagna l’impatto olfattivo che svela frutti rossi e ribes in primis per poi schiudere note di erbe aromatiche con un accenno di tabacco dolce mostrando, anche al gusto( in cui si avverte un che dell’arancia sanguinella), la finezza promessa che non lo fa classificare come “esile” perché di gran corpo pur con un tannino delicatissimo che è, inoltre, un po’ il fil rouge che unisce i vini del 2016. L’Etna Rosso 'Vico Prephylloxera' Tenute Bosco 2015 è il terzo vino analizzato nel corso della serata e presentato da Salvo Giuffrida che ha esordito asserendo come l’estate 2015 sia stata non troppo calda, colpita da una grandinata i primi di giugno, ma seguita da un autunno docile. Nei 4 ettari della contrada Santo Spirito(Passopisciaro) vi sono piante senza porta-innesto per dare una grande sincerità al vino ed i Prephylloxera rendono più equilibrati ed unici i vini prodotti, poiché le piante così vecchie sono tutte diverse tra loro creandosi quindi un’eterogeneità che genera come valore una complessità importante e significativa, trasformando quello che l’enologia di qualche tempo fa, che promuoveva l’omogeneità come valore fondamentale, considerava un limite in pregio. Lo stesso Giuffrida ha spiegato il processo di vinificazione di questo prodotto enologico che, vinificato in acciaio per almeno 3 mesi, dopo l’invecchiamento fatto in tonneau da 700 litri per 12-14 mesi, fa affinameto in bottiglia di almeno 12 mesi. Alla vista ha mostrato un granato più carico del vino precedente, mentre al naso ha proposto la china, una parte agrumata con il sagnuinello a prevalere, con una mineralità che da voce a grafite e nota affumicata. Al gusto si è avvertita una buona salinità ed una minore acidità, con la sapidità tipica dei vini dell’etna che lo ha reso molto plastico negli abbinamenti. Giuseppe Parlavecchio ci ha introdotto al quarto vino ossia “Etna Rosso 'Barbagalli' Pietradolce 2015”, definendo Pietradolce come un racconto straordinario e Barbagalli come un’esperienza mistica che si fonda sul rispetto della tradizione (che promana anche dall’uso di alberelli “disordinati” come avveniva in un lontano passato) e del territorio che porta il segno del tempo e della storia. L’annata 2015 per Pietradolce è stata “tipicamente etne”a perché fresca. La produzione che come per tutti i vini presentati nel corso dell’evento è fatta di un numero molto limitato di bottiglie, in questo caso 2000-2500) è generata da un terreno situato a 900 metri d’altezza, con vitigni che sono differenti a 100 metri di distanza l’uno dall’altro. Il prodotto si avvale della disomogeneità dei terreni il cui frutto si giova successivamente di un’affinamento svolto in tonneau di rovere francese di 4° e 5° passaggio dando come risultato al naso note di erbe medicinali, il fruttato con il rabarbaro ed una leggera nota di sottobosco, mentre un colore granato con buona brillantezza ha segnato l’impatto visivo. Alla bocca si è denotato un tannino non aggressivo e giovane. L’ Etna Rosso DOC “Arcurìa Sopra il Pozzo” 2015 – Graci è il vino che ha concluso la serata, con Riccardo Negri a ricordare come Graci sia nato grazie ad Alberto Graci nei primi anni del 2000 con la prima produzione nel 2005. L’Etna, ha aggiunto Negri , si caratterizza per 4 grandi versanti che compongo un grande cerchio e che sono: Nord-est, Sud-ovest, Sud ed Est. Ovviamente essi si contraddistinguono per diverse caratteristiche che pure si traducono in un’unica DOC. La magnificazione delle peculiarità dei terreni e dei vigneti trova la sua traduzione nei “ vini di contrada” menzione geografica aggiuntiva che è sintomo di grande qualità e che esiste in Sicilia solo dal 2011 ( in Toscana con il Barbaresco dal 2010). La cantina Graci (che ha usato questa appellazione aggiuntiva per prima in Sicilia per i vini bianchi) con “Contrada Arcuria sopra il pozzo” ha puntato proprio su questo dando luogo ad una produzione con lunghissime macerazioni (2-3 mesi) che a volte si completano il 1° di gennaio, con il vino che sta 18-20 mesi in grandi tini di rovere, con l’uso di lieviti indigeni e un affinamento in bottiglia di 18-20 mesi. L’esito gustativo è stato una nota agrumata , con l’arancia rossa a far da regina, come accade per tutti gli Etna rosso. Di Caro ha poi descritto il vino confermando quanto già emerso al gusto ed aggiungendo come si notasse una gran delicatezza ,una bella carnosità, con un colore granato leggermente scarico ed un’evidenza olfattiva fatta di nocciole, frutta secca varia, nota balsamica d’eucalipto e, spezie dolci ed erbe aromatiche. I vini esaminati si sono stagliati per dei tannini validissimi acclarando un potenziale complessivo evolutivo imponente, come del resto per tutti i vini etnei che rappresentano un brand territoriale prestigioso e considerevole da valorizzare con sempre più forza, coesione d’intenti e convinzione. LE CANTINE ADERENTI: ANTICHI VINAI, BENANTI, CANTINE RUSSO, CONTINO, FEUDO CAVALIERI, FIRRIATO, I CUSTODI DELLE VIGNE DELL'ETNA, LA GELSOMINA, MASSERIA SETTEPORTE, NICOLA GUMINA, NICOSIA, NUZZELLA, PALMENTO COSTANZO, PIETRADOLCE, PRODUTTORI ETNA NORD,TENUTA MONTE GORNA, TENUTA MONTE ILICE, TENUTE BOSCO, TENUTE MANNINO, TERRA COSTANTINO, TORRE MORA, STRADA DEI VINI DELL'ETNA, AMACARDO, FONDAZIONE ITALIANA SOMMELIER. LE PROPOSTE LOCAL FOOD: Ciccio Briganti Mini-burger di Scottona, pane condito; Agriturismo Il Vecchio Carro Porchetta di suino nero dei Nebrodi; Etna rosso sicilian food, wine & lounge bar Tartara di tonno, Involtini di spada, pasta fresca al ragù di tonno, pasta fresca al pistacchio; Scirocco Sicilian Fish Lab Coppo di pesce senza spine; Vite Tartara di carne, Tuma fritta con miele e lardo dei nebrodi; Risottiamo Arancini e timballo di riso; Bar Acqua, caffè e analcolico. AutoreGianmaria Tesei
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AutoreCarlotta Bonadonna Archivi
Novembre 2024
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