Di Gianmaria TeseiPortopalo di Capopassero, la splendida località marina del siracusano, è stata teatro con la sua complice beltà naturalistica della IIa Giornata Internazionale Del Nero D’avola, splendido momento d’esaltazione di uno dei vini sovrani( se non quello in assoluto) del panorama enoico siciliano, simbolo ed espressione della potenza di gusti, profumi e bellezza che può esprimere il territorio siculo in ambito nazionale ed internazionale. Creatore dell’evento, sin dal principio, ed ottimo ed appassionato divulgatore del prodotto generato da un cultivar così importante, è Carmelo Sgandurra che ha fatto della magnificazione del vitigno siciliano a bacca nera par excellence una missione, portata avanti con determinazione e successo, realizzando anche le significative edizioni de “La Guida NDA Nero d’Avola Wine”, manuale indispensabile per chi voglia comprendere appieno il valore del Nero d’Avola e delle produzioni di questo nobile vitigno. Il fitto programma di eventi che ha segnato l’evento si è disteso su un arco temporale di tre giorni che ha veduto produttori, buyer, enologi e consulenti, giornalisti ed altre figure di addetti ai lavori provenienti da varie nazioni, addentrarsi nel mondo, pieno di sfumature, del Nero d’Avola attraverso seminari, visite in cantine, masterclass ( con un test di degustazione “alla cieca” , con la consulenza di Renato Rovetta ,per evidenziare i biotipi e quindi le origini territoriali del nero d’Avola) ed altri momenti di grande livello con protagonisti di rilievo ( con l’esposizione delle opere d’arte di Alain Bonnefoit e Fabio Calvetti e la traferta a Pachino per l’inverdurata), con banchi di degustazione aperti ad un folto pubblico d’entusiasti wine lovers. Ad ospitare le fasi centrali della manifestazione è stato Il castello Tafuri, lussuosa struttura ricettiva insediata nelle meravigliosa villa, avente proprio le fattezze di un maniero, che si colloca nell’incanto che si svela di fronte all’isola di Capopassero e che è risalente al 1935, voluto da Franzo Bruno di Belmonte su progetto dell’architetto fiorentino Severino Crott. Ad accogliere l’insieme degli addetti ai lavori Fernanda Cantone, una delle due attuali proprietarie con un’interessante cena di gala che ha preluso, attraverso un excursus di accostamenti tra vini e piatti che hanno interpretato l’incontro tra il mare e la terra, il seminario che il giorno successivo ha aperto i momenti d’approfondimento. Questo segmento di studio e di confronto, condotto da Carmelo Sgandurra (che ha evidenziato l’importanza “internazionale” del Nero D’avola in quanto immagine della Sicilia nel mondo), ha visto il sindaco di Portopalo Gaetano Montoneri sottolineare le peculiari caratteristiche climatiche del paese di cui è il primo rappresentante (località posta addirittura più a sud di Tunisi )e come il vino sia considerato il nettare degli dei e che il territorio in cui insiste Portopalo sia un luogo in cui il mare, il sole , il terreno infondono caratteristiche organolettiche uniche allo stesso vino, ai pomodori ed agli altri prodotti della natura, sottolineando inoltre che, essendo bagnato sia dal mar Mediterraneo che dallo Jonio, il comune più a sud d’Italia, sia un crocevia di scambi culturali significativi. Lo stesso sindaco ha proseguito decantando le proprietà salutari del resveratrolo (tipico dei vini rossi, quali il nero d’Avola), anche come stimolatore delle endorfine e quindi strettamente collegato all’umore dell’essere umano, prima che l’avv.Lucia Amato, presidente Rotary Club Pachino, esponesse uno dei progetti del club di servizio che rappresenta che riguarda la lodevole inziativa della riduzione dello spreco alimentare. Roberto Raciti, delegato dell’Enoteca Regionale Sicilia, ha evidenziato la necessità di ancorare ancora di più il prodotto enologico al territorio, anche formando nuove risorse umane capaci di fare rete e determinando scambi interculturali ed enogastronomici con realtà quali quelle etnee, con accordi e sinergie con aziende crocieristiche, di promozione del turismo e simili, che esaltino il potente portato dell’enogastronomia siciliana. Cosa che già compie Anna Martano, con il suo “Il diamante nel piatto”, storia della Sicilia raccontata attraverso ricette antiche o quasi scomparse proprie del territorio siculo. Territorio che potrebbe guardare con interesse all’Abruzzo che negli ultimi 10-15 anni ha saputo impostare un forte sviluppo programmatico della produzione e della cultura del vino con esponenti quali Carlo Di Campli, presidente Cantine “Eredi di Legoziano”. Quest’ultimo ha illustrato come Chieti fosse la provincia dopo Trapani a produrre più vino in Italia, ma non in maniera da impostare una crescita effettiva del territorio e delle stesse aziende di produzione. A dare la svolta è stato Carmine Festa (padre di Vittorio) che aveva una grande visione del territorio abruzzese, creando la cultura del Montepulciano. Inoltre Di Campli ha aggiunto che pur essendoci, negli anni ’80, un volume d’esportazione significativo verso l’attuale Repubblica Ceca e la Germania ciò non fosse svolto in maniera adeguata ed invece il Dottor Carmine, con il suo amore per le bollicine, ha saputo instradare la produzione abruzzese verso gli spumanti, prima con il trebbiano e poi con altri vitigni, scoprendo che già negli anni ’70 erano state acquistate, ma praticamente mai usate le macchine per il metodo classico e dando l’avvio al loro utilizzo ed anche alla conseguente produzione che tante soddisfazioni sta dando all’Abruzzo. A continuare il seminario è stato (dopo un breve intervento di Matteo Catania , proprietario di Cantine Gulfi) Bruno Fina, agronomo ed enologo, nonché proprietario di “Cantine Fina”, che ha detto come circa 15.400 ettari di terreno siano dedicati al nero d’Avola, vitigno che dà luogo al 16 % della produzione vinicola siciliana, sopravanzato solo dal catarratto in questa classifica. Spesso in passato, ha continuato Fina, le cantine siciliane non erano adatte alla vinificazione dei rossi, adottando macerazioni brevissime, che non permettevano la giusta formazione dei tannini e si vinificava per distillare e/o mandare il vino in Francia od altre nazioni per essere destinato alla funzione di vino da taglio. Fu Planeta,a partire dai primi anni ’90,ad imprimere un cambiamento creando una cantina sperimentale e vinificando tutte le varietà internazionali ed autoctone siciliane, in pratica creando una sorta di joint-venture tra i produttori e precorrendo l’attualissimo concetto della zonizzazione, per sottolineare le zone produttive e caratterizzate migliori. Lo stesso Fina, che è stato partecipe dei lavori della suddetta cantina sperimentale, ha discettato sul nero D’avola ,definendolo un vino dalle potenzialità enormi ed in grado di rappresentare ottimamente il brand Sicilia, enfatizzandone la caratteristica di plasticità che lo rende adatto a più contesti territoriali, sottolineando però ( come ribadito in seguito da Sgandurra) come , ad esempio in Trentino la produzione del “ calabrese” non possa avvenire, poiché la luce e la luminosità svolgono un ruolo fondamentale per questo tipo di produzione aggiungendo come il grande enologo Giacomo Tachis , riprendeva ,a tal proposito, spesso una frase attribuita a Galileo Galilei(che produceva vino) che così recita: il vino è l’umore della luce. A destare particolare interesse anche l’analisi di Davide Bortone( giornalista di vinialsupermercato.it e winemag.it)che, confrontando 24 etichette di nero d’Avola della Gdo con prezzi da 1,99 euro a 12, ha compiuto una serie di assaggi alla cieca e stilando una classifica che ha premiato i vini che rispettavano le caratteristiche del vitigno, ponendo all’apice Planeta che ha saputo rispettare a livello qualitativo il prezzo richiesto all’utente finale, registrando inoltre nel corso dell’analisi una buona qualità generale dei vini. Anche se il gusto del consumatore medio, spesso poco educato ed informato alle peculiarità dei prodotti, tende a favorire un appiattimento ed una standardizzazione del gusto (magari improntato alla semplice gradevolezza) che, combinato al criterio del prezzo basso, inducono a fare prevalere nell’utente finale, che al nord, per i precedenti motivi, ricerca la Bonarda o l’Oltrepò Pavese ad 1,99 euro ed a non approfondire la ricerca della qualità. Scelta spesso favorita dalle stesse GDO e da alcune case di produzione. Bortone ha inoltre sostenuto come spesso grandi cantine tendano, quasi sottovoce, a creare brand alternative o linee diverse per approfittare del fenomeno e come neanche la presenza di sommelier nei supermercati sia una soluzione, perché spesso poi vengono addetti a funzioni assolutamente diverse da quelle a cui avrebbero dovute essere preposti. La discussione con la platea ha inoltre posta l’attenzione sulla problematica dell’imbottigliamento fuori zona di produzione che sicuramente rende meno onore al pregio del prodotto realizzato. Angelo Paternò , in passato presidente della DOC ELORO e creatore della Cantina Marilina( nella quale si è svolta una visita con degustazione veramente interessante) , ha espresso il concetto per il quale identificare il “territorio Nero d’avola” voglia dire vendere tutto quello che lo contraddistingue: prodotti, strade, etc. … Tornando al suddetto tema dell’imbottigliamento, lo stesso Paternò ha ricordato come 30 anni fa a Gibellina ci fossero le premesse per imporre l’imbottigliamento nella stessa zona di produzione, ma le cantine non hanno voluto farlo e quindi spetta ai siciliani stessi promuovere un cambiamento per una reale valorizzazione del territorio e dei suoi prodotti. Antonio Froio, enologo del Feudo Principi di Butera, ha posto l’attenzione sul concetto di zonizzazione come via per assicurare una maggiore esaltazione della qualità , un po’ come accade in Borgogna dove ogni appellazione ha le sue caratteristiche che giustificano le differenze di prezzo finale, appoggiato in questo anche da Rosario Cuffaro di “Tenute Cuffaro”che ha sottolineato come ogni territorio esprima un suo nero d’Avola e come chi produce con vitigni di territori diversi realizzi una sorta di “ blend di nero d’ Avola”. Frorio ha concluso con un percorso storico dalle origini del nero d’Avola che ha condotto all’intervento di Corrado Gurrieri, agronomo ed enologo e ricercatore di grande talento, che ha evidenziato come il passaggio dall’Igt alla Doc abbia visto la produzione segnare , nel 2017, 430.000 ettolitri di vino divenire nel 2018 302.000 con un sostanziale vantaggio dal punto di vista della qualità, con ben 46 campioni di vino che con l’Igt sarebbero stati imbottigliati e con la Doc sono stati invece bocciati. Lo stesso Gurrieri , che per tanti anni ha dato un grande contributo alla regia cantina sperimentale di Noto, è stato protagonista della visita guidata e degustazione presso la “Tenuta La Favola”, creata insieme alla moglie Valeria Valenza( colta germanista) e sede anche di iniziative a carattere culturali con il coinvolgimento di artisti, ospitati per creare opere d’arte nella tenuta, su tematiche importanti quali la migrazione ed altre ancora. Vittorio Festa, centrotecnico enologico srl e tanto altro e figlio del su citato Carmine, ha voluto comunicare come bisogna opporsi al pessimismo di fondo tipico del mezzogiorno, che pur effettivamente sprovvisto ad alti livelli di strutture e servizi pubblici adeguati dispone di altre risorse incredibili, tra cui una biodiversità che va sempre salvaguardata. L’area del prosecco ha chiesto di diventare patrimonio dell’UNESCO ed allora, ha aggiunto, la Sicilia non potrebbe fare lo stesso? In Veneto, ad esempio, ha sostenuto, hanno più faccia tosta e sicurezza, forse dovuta ai numeri e la Sicilia dovrebbe seguire questa via. Insomma bisogna crederci. Festa ha inoltre soggiunto come la biodiversità sia legata anche alla conservazione del territorio che avviene anche assecondando la “vocazione” del territorio stesso. Ad anticipare la conclusione dell’evento i consigli di Marcello Battaglia, consulente internazionale e commercialista, profondo conoscitore del vino e dal 23 anni residente in Romania, dopo essere stato anche in Africa ed avere maturato esperienze importanti per la sua professione. Carmelo Sgandurra ha voluto infine sottolineare come la prossima giornata internazionale sarà nel 2020 a New York, proprio sul suolo americano i cui abitanti credono che il Nero d’Avola d’alto lignaggio sia solo quello prodotto nella Napa Valley e dove invece si sancirà ulteriormente il legame del Nero d’Avola con la Sicilia, l’intreccio profondo che genera ed amplifica valori importanti ed unici. AutoreGianmaria Tesei
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AutoreCarlotta Bonadonna Archivi
Dicembre 2023
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