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 Attualità/cultura

Psicologia ambientale: i luoghi dell'anima. Intervista alla psicologa Iva Marino

12/22/2020

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Iva Marino è una psicologa clinica ed esperto in Scienze forensi e Criminologiche. Lavora a Palermo e da anni si occupa di psicopatologia post-moderna, vittimologia e disagio psichico. Ha prodotto diverse pubblicazioni e svolge attività di consulenza per alcune testate giornalistiche. E’ coordinatrice dello studio PsicoLogicaMente.
Oggi discutiamo di Psicologia Ambientale e dei luoghi e della loro importanza.

 1) Dottoressa Marino di che cosa si occupa la Psicologia ambientale?
"La Psicologia ambientale è quella Scienza che si occupa di studiare come l’ambiente influenza il nostro comportamento e la nostra mente, anche se l’uomo purtroppo con la sua mente e il suo comportamento tende spesso a cambiare l’ambiente. Inoltre è opportuno sottolineare che il modo in cui determinati popoli e/o comunita’ hanno modificato l’ambiente, ci fornisce indizi significativi sulla loro personalita’ e ci consente di attivare meccanismi che ci possano far comprendere la psicologia di una comunità o di una particolare organizzazione".

2) Qual è l’importanza dei luoghi nella Psicologia ambientale?
"L’importanza dei luoghi, “come veicoli di stimoli e sensazioni” e lo studio delle “connotazioni affettive/emotive” che caratterizzano l’interazione con essi, hanno ricevuto una naturale attenzione fin dal nascere della Psicologia ambientale. Studi scientifici hanno elaborato le valutazioni di vari luoghi e ambienti espresse da un gruppo di soggetti, che hanno evidenziato una esistenza “complessa” delle “emozioni” negli esseri umani".

3) Si pensa di portare più natura all’interno delle citta’, con la costruzione di parchi, giardini e verde urbano. Tutto ciò influenza lamente della gente?
 "Direi proprio di si, infatti quando le persone frequentano i giardini o parchi pubblici spesso abbandonano lo status di persone anonime prese dai propri pensieri e diventano piu’ motivate ai contatti sociali, all’aiuto reciproco e disponibili a sentirsi coesi con altri frequentatori dei parchi. A questo fenomeno si assiste anche nei luoghi di vacanza, o spesso in altri ambienti ricreativi in cui emerge “una grossa disponibilita’” al contatto
sociale".


4) E’ noto che esiste un legame emozionale e di attaccamento ai luoghi, questo attaccamento che viene spesso definito “cumulativo”, quale effetto produce sul comportamento degli esseri umani?
 "Premesso che l’attaccamento ai luoghi si riferisce ad un sentimento di sicurezza derivato dalla persistenza di ambienti familiari. Il legame con i luoghi si basa su: caratteristiche fisiche del luogo, sulla qualità di relazioni interpersonali e sulla rete di supporto sociale percepita. Il luogo assume una valenza affettiva poiché è associato alle relazioni sociali ed alle situazioni esistenziali significative per l’individuo.
Vari studi sono stati condotti sull’attaccamento “cumulativo”, in realta’ l’attaccamento ai luoghi nella specie umana è “cumulativo”, nel senso che quando ci trasferiamo in un ambiente nuovo l’attaccamento che sviluppiamo non va a sostituirsi al precedente, ma si aggiunge ad esso.
Siamo cioè in grado di mantenere un forte attaccamento ai luoghi del nostro passato anche se non li si frequenta più da tanto tempo.
Oggi, in tempo di Pandemia, siamo più attaccati ai luoghi … “come non mai!”.


5) Le preferenze verso uno specifico ambiente sono collegate con le
caratteristiche della personalità individuale?
 "A questa domanda si potrebbe rispondere in tanti modi, io preferisco semplicemente dire che non sono le persone attratte dai luoghi ad avere personalita’ simili, ma semplicemente perchè quei luoghi hanno caratteristiche che li rendono “universalmente belli”. Sembra proprio che ogni luogo abbia un’anima.
Comunque da non sottovalutare che la direzione verso spunti riflessivi ed introspettivi ci suggerisce che, nel vedere la nostra biografia, avendo presenti le idee implicite del mito, del “daimon”( daimond lo chiamavano i greci, genius i latini, angelo custode i cristiani), ossia del destino, proprio per cogliere i primi segni del fato all’opera (come ci suggerisce J. Hillman  con “Il codice dell’anima”), l’inquietudine del cuore, tende ed anela ai luoghi in cui si “riconosce”.
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