Letizia Battaglia, maestra della fotografia "dossier" e figura femminile politicamente impegnata nella lotta contro la mafia, si è spenta ieri all'età di 87 anni a Palermo. I suoi scatti sono immagini immortali che rimarranno per sempre nella storia di questa emozionante arte. Una donna rivoluzionaria che ha sempre seguito un mestiere "troppo da uomo", circondata da colleghi maschi, è diventata a partire dagli anni '70 una pioniera del fotogiornalismo italiano al femminile. Ha iniziato la sua carriera nel 1969 collaborando con il giornale palermitano L'Ora. Nel 1970 si è trasferita a Milano dove ha incominciato a fotografare collaborando con varie testate. Letizia Battaglia è stata la prima donna europea a ricevere nel 1985, il Premio Eugene Smith, a New York, riconoscimento internazionale istituito per ricordare il fotografo di Life. Siciliana di Palermo è un simbolo importante di emancipazione e di rottura rispetto alla cultura in cui si è formata e cresciuta. Ci ha mostrato con il suo obiettivo ed i suoi scatti che la mafia esiste ed è una realtà più che presente. Ha immortalato giudici, poliziotti e uomini delle istituzioni in prima linea nella battaglia contro la "Cupola". Inoltre è andata oltre fotografando criminali e pregiudicati come Leoluca Bagarella, che la travolse buttandola a terra, realizzando proprio in questo frangente una delle sue più significative fotografie. Una donna in trincea, che ha visto la morte in faccia. Per ricordare la sua personalità e la sua lotta per i diritti delle donne vorrei citare alcuni frammenti di una bellissima intervista rilasciata a "Io donna" del Corriere della sera. "Facevo ciò che potevo per scuotere le coscienze mostrando non solo i morti ammazzati, ma anche la miseria causata dalla mafia e il potere politico che ha sostenuto il crimine, questo non dobbiamo mai dimenticarlo. Però non voglio più essere definita “la fotografa della mafia”: i miei soggetti preferiti restano le donne”. “Amo fotografare le donne perché sono solidale: devono ancora superare tanti ostacoli verso la felicità, in questa società maschilista che le vuole eternamente giovani, belle, con una concezione dell’amore che spesso, in realtà, è solo possesso. E cerco gli occhi profondi e sognanti delle bambine: mi ricordano me stessa a dieci anni, quando mi resi conto, di colpo, che il mondo non era poi così bello. Era la fine della guerra, tornammo a Palermo da Trieste, dove avevamo vissuto. Io scorrazzavo in bicicletta, come avevo sempre fatto: un giorno un uomo mi fermò e aprì il suo impermeabile. Lo riferii a casa e la mia vita cambiò: mio padre mi tolse la libertà, e io sognavo solo di fuggire dalla sua gelosia. Ecco perché le bimbe che ritraggo non ridono mai: le voglio serie nei confronti del mondo, come lo sono stata io”. foto con Bagarella
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AutoreCarlotta Bonadonna Archivi
Settembre 2024
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