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Teatro

"Io Sarah. Ultime ore di Sarah Kane". Interpretazione superba di Alice Sgroi.

10/14/2019

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Entri in sala, silenzio, ti siedi, ancora chiacchiere e sorrisi con la persona accanto a te, il Teatro del Canovaccio di Catania, intimo, solo per pochi eletti e che odora di passato, ti fa sentire immediatamente fortunato per avere il privilegio di assistere a qualcosa di speciale e che lascerà il segno nella tua memoria.

Proprio questa sensazione di preludio alla sorpresa, che è quella che contraddistingue ogni buon teatro, si è avvertita durante l’attesa per “Io Sarah. Ultime ore di Sarah Kane”, monologo teatrale con l’adattamento registico di Giovanni Arezzo e Alice Sgroi, con la collaborazione di Gabriella Caltabiano. Lo spettacolo è tratto dal romanzo di Francesca Auteri “Io Sarah. Ultime ore di Sarah Kane”, in cui l’autrice racconta la storia e il suicidio della giovane drammaturga inglese, morta per depressione e solitudine. Protagonista del monologo una bravissima e superlativa Alice Sgroi, che ancora una volta colpisce il pubblico e critica per il suo indiscusso talento e magnetismo. Lo spettacolo è andato in scena 11, 12 e 13 ottobre al Teatro del Canovaccio di Catania e sarà ripetuto al Teatro dei 3 Mestieri Di Messina il 18 e 19 ottobre. “Sara Kane” ha inaugurato la rassegna “Olodrammi dell’amore e di altre solitudini” di MezzAria Teatro.

Quei sorrisi iniziali con lo spettatore seduto accanto a te improvvisamente spariscono, sin dalle prime battute si è immersi nel mondo mortuario della protagonista. Sarah si impicca con i lacci delle sue scarpe, Sarah si ritrova nell’aldilà. Un monologo post mortem in cui la ragazza ci racconta la sua vita, la sua morte e i motivi che l’hanno porta al suicidio.

Depressione, sofferenza, solitudine, delusione, incomunicabilità, mancanza d’amore, incomprensione e bisogno di essere capita e amata. Una lista, un vortice di parole che freddano il pubblico, lo immobilizzano alla poltrona, provocando quasi un senso di claustrofobia e soffocamento.
Un senso di pesantezza, di schiacciamento e di follia pervadono l’intera ora e mezza in cui Alice Sgroi è Sarah Kane. Come una cinepresa immobile sui movimenti di un’attrice per tutta la durata di un film, così l’occhio e l’attenzione dello spettatore è concentrato sulle corse, i salti, le cadute, la mimica, la gestualità e le azioni della Sgroi.

Una recitazione e performance magnetica, coinvolgente, drammaticamente cruda e diretta. Alice Sgroi è superba, un corpo che diventa un fascio di nervi, una tensione continua verso l’esternazione di un’anima in pena e dilaniata. Un corpo che diventa l’espressione e prolungamento di una vita ma soprattutto di una morte tormentata.
Non esistono giri di parole e via di fuga alla disperazione di Sarah. Fa i conti con un aldilà che le appare ancora più ostile e crudele della sua inutile vita. Una morte che sembra non liberarla dalle sofferenze già subite. Cerca come una disperata delle sigarette, qualcuno con cui parlare, si tocca il corpo, un prurito insopportabile, nemmeno la morte le porta sollievo.

Alcuni elementi diventano personaggi importanti nella disperazione di Sarah: 4 fogli gialli a terra che portano i segni della vita della protagonista, con cui interagisce in maniera convulsiva, delle voci fuori campo registrate di persone che avrebbero dovuto amare Sarah e che non l’hanno mai fatto, una crepa sul muro e uno scarafaggio.
Il dialogo-monologo con la crepa è uno dei momenti più emozionanti e commoventi dello spettacolo. Una fessura sul muro, incapace di rispondere alla protagonista, silente come tutte le risposte non avute durante la vita. Una crepa forse meno sola della stessa protagonista.
E poi lo scarafaggio che provoca ribrezzo nella ragazza ma che poi diventa il suo unico amico, immaginando l’arrampicarsi del suo corpo sulle sule gambe come una dolce e unica carezza.
Tanta emozione e commozione tra il pubblico, lacrime nei volti di molti che per alcuni attimi si sono immedesimati nella sofferenza di Sarah. Perché ognuno di noi almeno una volta nella vita ha sicuramente vissuto il disagio, l’abbandono e la necessità di essere amato senza essere corrisposto.

La stessa Alice Sgroi nei saluti finali è apparsa commossa e in lacrime, forse tensione, sfogo, gioia, empatia con Sarah? Una cosa è giunta in sala: Sarah Kane era finalmente libera.
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