Perfect days, l’essenza del cinema: L’arte d’indagare la realtà come una lente d’ingrandimento3/8/2024 “Non voglio parlare molto alla stampa di questi due lavori, perche' sono felicissimo di averli fatti senza che nessuno lo sapesse. Li abbiamo realizzati senza riflettori. Nessun giornalista ne ha parlato o scoperto che esistessero fino alla conferenza di Cannes. Un film e' un documentario in 3d e l'altro si chiama Perfect days ed e' un film di finzione. Questo e' tutto quello che vi diro”.
Queste sono le parole che il regista Wim Wenders, candidato all’Oscar con il suo Perfect Days nella categoria film stranieri 2024, ha utilizzato durante una conferenza stampa alcuni mesi fa in merito ai suoi 2 nuovi progetti. Ha definito Perfect days un film di finzione, che ovviamente lo è, ma chi ha saputo guardarlo con la stessa lente d’ingrandimento del suo autore ha quasi sicuramente avvertito qualcosa che va al di là della mera falsificazione e riproduzione del vero. Perfect days è esempio di puro cinema, ridotto quasi all’osso, è un’indagine minuziosa della realtà. E’ cinema d’autore, non è sicuramente per tutti ma per chi è capace di vedere il cinema come una forma d’arte assoluta. Da questo progetto viene fuori l’essenza dell’idea di cinematografia di Wenders, che ha piu’ volte dichiarato in alcune occasioni: “Le mie pellicole si basano sulla ricerca. Il soggetto della mia vita e' l'indagine, che e' certamente alla base della mia produzione. Io cerco di scoprire l'identita', l'amore, l'anima e il senso della vita. Tutto questo deve riflettersi nei miei film. Con il mio lavoro vado a caccia di risposte". Perfect days agli occhi di coloro non avvezzi al cinema d’autore, per chi pensa al cinema come un’esplosione di rumori, effetti speciali e narrazione fatta di colpi di scena e grandi impennate, apparirà apparentemente piatto ed una semplice descrizione di una giornata di lavoro qualunque. Non sarà in grado di viversi un’esperienza immersiva in un mondo fatto quasi di silenzi, non percepirà un senso di relax in cui le vibrazioni sembrano abbassarsi e non sarà capace di farsi domande sul cuore e l’anima del protagonista. “Cuore" e anima come sinonimo di intuizione verso la creazione, percezione che a volte puo' apparire come dolore ma che attualmente si puo' tradurre "in passione". La passione che ha sempre animato il mio percorso di vita”. Sono proprio queste parole del regista, rilasciate in una delle sue dichiarazioni, a farci intuire una trasposizione del suo concetto di vita nel percorso del protagonista del film. Chi non riesce a vederci il viaggio dell’eroe comune, della porta accanto, non potrà capire fino in fondo questo racconto. Là dove sembra non succedere nulla, invece accade uno speciale cammino interiore di un uomo normale, semplice, con una vita che sicuramente nasconde qualcosa che sfugge allo spettatore, cosa che Wenders fa appositamente nel suo gioco d’indagine e ricerca. E’ infatti la storia di un signore di mezza età, qualunque, che durante questa narrazione, sebbene venga fatto in maniera sottile, rimette in ordine alcuni tasselli di una vita che si percepisce essere cambiata rispetto al passato. Attraverso alcuni eventi che in qualche modo rompono la sua quotidianità, muore e rinasce, risanando l’insoluto e riscoprendo la bellezza dei suoi giorni “perfetti”. E’ un film che porta a riflettere sui valori essenziali della vita, a godere delle piccole cose e alla capacità di riprendersi i propri spazi e tempi. Ci spinge a vedere con positività e pienezza anche i minuziosi gesti quotidiani. Tutto ha valore in Perfect days, niente è lasciato al caso. L’ottimismo è qualcosa di insito, un comandamento base nella cinematografia di Wenders: "Se non fossi stato un eterno ottimista, non sarei diventato un regista. Sono ottimista e mi occupo del futuro del cinema e del futuro della societa', perche' solo gli ottimisti possono cambiare il mondo. I pessimisti seppelliranno la testa sotto la sabbia". Eh già, è proprio questo il cuore e senso di questa storia. Un volersi fermare, prendere una pausa, dimenticare il caos e amare anche un’ alba o un tramonto. Elemento fondamentale per Wenders è sempre stata la musica, in questo film dove i dialoghi sono ridotti alla loro essenza, in cui le immagini parlano da sole, è la colonna sonora la vera sceneggiatura; il testi delle canzoni scelte appositamente dal regista sopperiscono e sostituiscono gli script. La musica esplora i sentimenti del protagonista. Un film del genere è in nomination all’Oscar e la sua possibile conquista della statuetta rappresenterebbe la vittoria dell’essenza del vero cinema, dell’arte cinematografica in quanto mezzo capace d’indagare la realtà lasciando allo spettatore lo spazio di empatizzare non attraverso effetti speciali ma con una delicata e sensibile voglia di ricercare insieme al protagonista il verso senso della vita fatta di giorni imperscrutabilmente perfetti.
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Capita che casualmente, senza nemmeno tante pretese e aspettative vai a vedere un film all’interno della Muestra de cine italiano de Barcelona , non sai cosa aspettarti. Hai letto qualcosa sulla trama, conosci alcuni attori e decidi di vederlo perchè ti fa sentire a casa, ti ricorda il tuo cinema, vuoi sentire parlare la tua lingua e vedere come è stata raccontata una storia che conosci bene, un mondo che in qualche modo di appartiene da quando sei piccolo. Si, perchè la pellicola Primadonna di Marta Savina, arrivata anche in Spagna ricorda la Sicilia, ti fa pensare al suo sacro e profano, ad un mondo da sempre contradditorio e discutibile. In cui il bene e il male si intersecano. Capita così che senza immaginarlo ti ritrovi immerso in una narrazione che ti rapisce, che ti fa commuovere, piangere e provare un senso di rabbia profondo. Capita che ti emozioni...
Il film s’ispira e ripercorre, sebbene non ci siano riferimenti diretti, la rivoluzionaria vicenda di Franca Viola, una ragazza, La prima donna siciliana, che cambiò radicalmente le sorti di alcuni "cattivi costumi" e arcaiche maschiliste leggi che vigevano in Italia e nell’agrodolce Sicilia degli anni ‘60. Sfidò non solo un potere ancestrale radicato in una cultura sessista, ribellandosi al matrimonio riparatore, ma anche l'onore della mafia. Marta Savina , la regista, sviluppa con questo suo primo lungometraggio, una tematica già affrontata in un antecedente cortometraggio dedicato a Franca Viola. Argomento caro all’autrice, che in alcune dichiarazioni rilasciate ha affermato di aver voluto raccontare una storia, una narrazione di cui aveva sentito parlare quando era piccola, di voler far conoscere una vicenda di cronaca e storia in maniera semplice e diretta. Per la Savina lo scopo del film era quello di mettere in luce la drammatica realtà del matrimonio riparatore, delle costrizioni, della violenza e di tutte quelle circostanze sbagliate di cui sono state vittime molte donne nella Sicilia arcaica e difficile di 60 anni fa. Il nome di Franca Viola non compare direttamente in nessun momento del film, ma il suo alter ego è rappresentato dalla protagonista del film, Lia Crimi , ben interpretato dall’attrice siciliana Claudia Gusmano. In questa Italia sessista (più volte protagonista nella storia del cinema italiano, pensiamo ad esempio a Divorzio all’italiana e Sedotta e abbandonata di Germi), in cui le trame delle regole della mafia e della religione si mescolavano con le leggi di un potere maschilista a cui le donne dovevano piegarsi e sottostare per il quieto vivere, succede che Lia Crimi, una piccola donna siciliana, anticonformista, che amava lavorare la terra, diversa dalle classiche donne remissive del paese, si ribella al matrimonio riparatore con il figlio di un famoso boss del paese, inseguito alla classica “fuitina”. “Una fuga d’amore” però assolutamente non voluta e desiderata dalla ragazza in cui viene prepotentemente violata senza alcun consenso. Questo la porta a ribellarsi e dopo un processo scottante e scomodo per l’opinione pubblica, il marito prescelto viene arrestato. Un gesto così forte che rompe una tradizione maschilista radicata in un ambiente che sembra costringere Lia a scappare e ricominciare altrove ma la sua tenacia la porta a continuare a vivere a testa alta nella sua terra. Il carattere, la forza e la grande personalità di Lia viene fuori in tutta la sua drammaticità e purezza nella ottima interpretazione della Gusmano. Un’attrice diventata popolare al pubblico, grazie ad una serie divertente e fresca in cui riveste i panni di donna brillante e scanzonata. In questo ruolo drammatico completamente opposto ai suoi personaggi più leggeri scopriamo una Claudia Gusmano intensa, drammatica e profonda. La stessa attrice in alcune dichiarazioni al pubblico dice di avere amato questo personaggio, in cui ha potuto, da brava attrice, dare voce e corpo ad una donna così importante con una storia così diffcile. Nel cast anche Manuela Ventura, Fabrizio Ferracane e Dario Aita. Attori che hanno saputo caratterizzare senza troppe forzature ed eccessi i loro personaggi, rendendoli così credibili e funzionali all’interno della storia. La regia della Savino, lineare ed equilibrata riesce senza mai strafare a portare avanti una narrazione ben strutturata, la fotografia è una delle componenti più significative del film. I paesaggi e spazi di una Sicilia di per se bellissima vengono esaltati da inquadrature, panoramiche e primi piani evocativi e suggestivi. Una scelta stilistica in cui non si ha l’impressione di trovarsi in una Sicilia antica e del passato, l’uso di alcuni brani musicali moderni inseriti in questo contesto storico vogliono in qualche modo evocare l’attualità dei fatti. Il film infatti tocca, sebbene in modo differente, argomenti oggi purtroppo ancora molto vivi. Un prodotto che ci invita a riflettere sul tempo che è stato e su quello che è l’oggi. Emozionante e commovente, in cui una forte carica di rabbia e sentimento di riscatto non possono non nascere durante la sua visione. Ed è proprio il primo piano finale di Lia Crimi, i suoi occhi ed il suo sguardo ha racchiudere tutta la storia e il percorso di lotta e di speranza di essere una grande Primadonna. I Queen una band amata e conosciuta in tutto il mondo. Un gruppo che ha fatto la storia della musica rock, ritenuto tra i più importanti fenomeni musicali a livello internazionale. Nata negli anni ’70 a Londra dall’incontro tra Freddie Mercury, Brian May, Roger Taylor e John Richard Deacon. Ma non voglio dilungarmi a raccontare la loro nascita, il loro percorso e le loro evoluzioni perché in maniera eccezionale ed emozionante lo ha fatto il regista Bryan Singer con un film, un biopic sulla sulla loro carriera: “Bohemian Rhapsody”. Molto si è discusso sulla fedeltà del prodotto cinematografico rispetto ai veri fatti storici. Alcuni lo hanno criticato per aver fatto emergere un Freddie Mercury quasi “santino”, un’icona da beatificare, non credo che questo sia stato l’intento né la volontà degli sceneggiatori. Il Leader della Band non è stato né un Santo né un esempio di vita casta e pura; ma chi conosce la storia di Mercury e chi è riuscito ad andare oltre la mera esattezza filologica delle vicende e percepire invece la grande forza emotiva del film, ha potuto apprezzare la bellezza del racconto e il suo intento. Sintetizzare in 2 ore di film una carriera così complessa e ampia è un’impresa difficile e impossibile, soprattutto quando si ha a che fare con una band come i Queen. Il regista ha voluto focalizzare l’attenzione su alcuni brani storici del gruppo, ha voluto far rivivere in immagini le emozioni e le storie di alcune canzoni. Il racconto non poteva non essere ritoccato da alcuni espedienti narrativi che non rispecchiano l’autenticità della realtà. Questo ai fini di creare una storia dalla forte carica emotiva, instaurare un legame con gli spettatori e per tempistiche. Non sto qui ad elencare i fatti “falsificati” perché già si è letto molto. Il film è stato campione d’incassi e il più visto in Italia per la stagione 2018. In tutto il mondo ha riscosso un enorme successo e per molte settimane è rimasto in sala. Qualche giorno fa per i Golden Globe Bohemian Rapsody è stato premiato come migliore opera drammatica e il protagonista Rami Malek come migliore attore. Ciò che emerge ed è indiscutibile dal biopic è la bravura degli interpreti. Rami Malek ha reso alla perfezione la bravura e il carisma del grande Freddy Marcury. Le interpretazioni dei pezzi, le movenze, lo stile, tutto reso senza una sbavatura. Come lui l’intero cast ha saputo far rivivere le emozioni del gruppo. Un plauso anche ai costumi, trucco e parrucco. Una ricerca dettagliata nel riproporre alcune performance con i costumi adoperati all’epoca. Montaggio e ritmo narrativo che non annoia e che tiene alta l’attenzione. Una nota negativa, mia personalissima opinione, è stata la scelta fotografica dei colori e delle luci. Forse troppo accesi e che in alcuni frame mi hanno ricordato il mondo dei fumetti e dei supereroi. Il grande amore tra Freddie Mercury e Mary Austin Ma c’è un elemento che più di ogni altro emoziona e fa da filo conduttore nell’intera storia narrata: il grande amore di Mercury per Mary Austin. Un rapporto unico e speciale, che il regista ha voluto rivelare al pubblico. Molti forse non conoscevano questa forte presenza nella vita del frontman ma questa donna è stata il grande amore del cantante, alla quale dedicò “Love of my live”. La Austin è stata una compagna eccezionale, una presenza sempre vicina, colei che si è presa cura di lui fino alla sua morte, accompagnandolo nel duro calvario dell’HIV. Nonostante l’omosessualità che il cantante ha svelato alla donna, rimarranno in qualche modo innamorati per sempre. Più volte Freddie l’ha definita l’unico amore della sua vita. A lei ha lasciato in eredità la magnifica villa di Kensington. La Austin ha ereditato il 50% di tutti gli averi di Freddie, all'epoca stimati in 10 milioni di sterline, più il 50% delle entrate future. E’ questo amore sviscerale, che va oltre il sesso, che sa di rispetto, ammirazione e stima, si respira per tutta la durata del film. Difficile non emozionarsi e commuoversi. I dialoghi tra i due, i dubbi, le riflessioni di Freddie rendono perfettamente un legame importante, un amore vero e sincero. Un rapporto importante La Austin è una figura che rimane impressa, in cui magari molte donne durante lo scorrere del film si sono potute immedesimare. Perché quante di noi non hanno desiderato un amore sincero, unico e speciale, fatto di stima, ammirazione e fiducia? In cui accompagniamo il nostro uomo nei suoi successi, nella sua carriera e decisioni? In cui ci sentiamo partecipi di un progetto comune? Credo almeno una volta nella vita sia capitato a tutte. Amori impossibili a volte che finiscono o che non possono realizzarsi, in cui però permane quel legame e quell’esserci sempre anche da lontano , anche con un’altra vita. Mary Austin una donna in gamba che nel film per alcuni dettagli non rispecchia autenticamente ciò che avvenne prima di iniziare il fidanzamento con Freddie Mercury. Ramy Malek e Lucy Boynton realmente fidanzati Forse questo amore recitato è stato talmente vero da trasformarsi in verità; da poco è uscita infatti la notizia che tra Ramy Malek e Lucy Boynton, l’attrice che ha interpretato Mary Austin, esista davvero una relazione d’amore. Dopo l’uscita del film Ramy Malek e la compagna hanno rivelato al pubblico la loro relazione. Ramy Malek e Lucy Boynton nel film e innamorati nella vita realeCoincidenza strana, destino, fatalità? Non importa, ciò che è vero che Bohemian Rhapsody è stato davvero un film, criticabile o meno, piaciuto o meno, che ha emozionato, commosso e fatto rivivere la tormentata, torbida, strana e affascinante vita dei Queen e del grande e indimenticabile Freddie Mercury. scena del film Bohemian RhapsodyA quante donne della mia età sarà successo di ritrovarsi in un momento della vita in cui abbiamo pensato di aver sbagliato tutto? in cui ci siamo sentite fallite ed insoddisfatte della nostra realtà quotidiana? in cui i rimpianti del passato ci hanno divorato l’anima? Diciamo che siamo in tante….qualcuna forse ancora non lo vuole ammettere… Tutto questo è per noi donne, esseri sensibili e con i fili del cervello tortuosi e complicati un vero dramma. Ma se aggiungiamo a tutto questo un altro ingrediente, e che componente..!!!, tutto si trasformerà in una tragicommedia. Nella nostra storia in cui ci sentiamo deluse dalla vita, un matrimonio infelice, un lavoro che non ci piace, un figlio problematico e l’arrivo della figlia acquisita bella e più giovane che sembra poter aver tutto…., all’improvviso arriva il nostro ingrediente magico: un uomo bellissimo, più giovane, interessante, sipatico, sexy, intrigante e soprattutto con quel pizzico di arroganza che tanto ci piace. Come tutti i copioni che si ripetono quest’ uomo si insinua nella nostra routine durante una bellissima giornata d’estate al mare, ci sembra impossibile ma lui, il bel ragazzo appare interessato a noi. All’inizo siamo distanti, incredule, non vogliamo cascarci, non vogliamo soffrire di nuovo e metterci nell’ennesima storia impossibile. Viviamo con distanza questa storia che piano piano si trasforma in qualcosa di più reale. Lui ci convince sempre più, appare innamorato, fa di tutto per coinvolgerci. Il nostro matrimonio è alle spalle, i problemi a casa lontani, quando ci incontriamo con lui ci sentiamo più forti, belle, capite e desiderate. Eh si….perchè lui ci ha riportate alla rinascita, ci stimola a non rimpiangere il passato, a riscoprire le nostre passioni, ci stima per quello che siamo. Ma soprattutto sentiamo un forte legame intellettuale. Ci capisce e sono di nuovo io. Mi sento una donna nuova, nonostante l’età l’intesa sessuale sembra poesia. Giorno dopo giorno le nostre paure svaniscono, i dubbi, i tormenti interiori prendono altra forma, non sono più così pesanti come credevamo ma sono riverniciati da un nuovo modo di vedere le cose. Un dramma interiore di riscoprirsi e di rimettersi in gioco. Purtroppo però quando pensavamo che l’amore potesse durare, il giovane perde la testa per un’ altra donna, ovviamente più giovane, più spensierata, meno impegnativa, meno forte, più ” me la gioco come voglio e fino a quando me la sento”. Cosa peggiore che la bella 20enne è la figlia di nostro marito, sposato quasi per compassione e comodità. Anche questa ragazza vive una storia difficile, il dramma di un marito pericoloso, una vita interrotta troppo giovane, la paura di essere uccisa, la voglia di iniziare un nuovo percorso e per strana coincidenza lo stesso giovane uomo che ci interessa, colpisce la nostra rivale. …Ditemi ma chi sceglierà il nostro simpatico amico?. Certamente la via più semplice e forse più giusta per lui. Non è difficile immaginare le scusanti, sono ovvie: non me la sento più di continuare, quello che provavo è cambiato, non merito i tuoi regali e le tue attenzioni, è stata una bella storia, tu sei fantastica ma….in definitiva meglio divertirsi con una più giovane senza troppe responsabilità!. Mamma mia!!! ecco il baratro, lo stomaco si chiude, sentiamo quei maledetti sensi di colpa ritornare, frustazione, inadeguatezza e tutta lo schifo già vissuto. La gelosia ci fa fare sciocchezze, perdiamo la ragione e le conseguenze farebbero pensare al peggio !…. Ognunda di noi potrebbe ritrovarsi in questa storia ed è ciò che vive esattamente la protagonista dell’ultimo film di Allen: Ginny Rannell interpretata magnificamente dalla bravissima Kate Winslet. Purtroppo la vita è una panoramica, eccitante ruota, tutto gira e cambia. Una ruota meravigliosa come quella di ” Wonder Wheel” il surreale parco di divertimenti con la sua simbolica attrazione: ci sali , ti diverti, ti inebri, dall’alto sembra tutto stupendo, giri due, tre volte, e poi…. torni a terra e la realtà è diversa.
Nato dalla creatività di Woody Allen “Wonder Wheel” è il titolo del suo ultimo film che ha ispirato la mia riflessione. E’ sicuramente un buon film, la regia di Woody Allen è inconfondibile così come la magnifica fotografia del nostro italiano, il maestro Vittorio Storaro e le scenografie. I colori, la scelta dei set, una perfetta ricostruzione di un’ambientazione tutta anni ’50 colpisce lo spettatore positivamente. Si è catapultati in un’ atmosfera che vacilla tra il reale e il surreale. La bravura di Kate Winslet rende questa storia speciale. La sua interpretazione potrebbe valerle un altro premio oscar come attrice protagonista dopo la meritata vittoria con “The reader” del 2009. Guardando il film di Allen non si può non pensare a quello precedente. Anche in quest’ ultimo la donna è coinvolta in una storia d’amore con un ragazzo molto più giovane, iniziato all’amore. Atmosfera diversa, dinamiche differenti, ma gli sguardi e la recitazione della Winslet in The Reader ci ritornano alla mente in questa sua nuova storia d’amore. Il personaggio maschile: il giovane e bel Mickey è interpretato dal popolare cantante, ballerino e attore Justin Timberlake. “Wonder wheel” non è a parer mio tra i migliori film del regista, risente un po’ per lentezza nella prima parte della narrazione per poi aumentare il ritmo nell’ultima. E’ un crescendo, in cui avverto personalmete, un tassello e snodo narrativo mancante come se qulacosa in più doveva succedere o detto e non avvenuto. Il film non è solo una drammatica e strana storia d’amore, è un vero e proprio psicodramma al femminile “doppio” perchè anche la seconda protagonista, Carolina, figlia del primo marito di Ginny, vive un percorso personale particolare. |
AutoreNata Libera Archivi
Marzo 2024
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